Venerdì è stato comunicato dalla Guardia di Finanza una presunta evasione fiscale da parte di Amazon Italia per il quinquennio che va dal 2010 al 2014 per un valore stimato di 130 milioni di euro su fatturato di circa 2,5 miliardi di euro. La piattaforma italiana del colosso americano dell’ecommerce (e non solo) aveva sede legale un quegli anni in Lussenburgo pur generando le vendite sul mercato italiano e per questa ragione come altri giganti dell’hitech americani è finita nel mirino degli accertamenti della procura di Milano, rispondendo anche indirettamente alle richieste di ‘allineamento’ avanzate da tempo anche dai player locali, soprattutto fisici. Una partita iva italiana è stata aperta solo nel 2016. La società di Seattle ha cosi risposto alla contestazione: “Amazon paga tutte le imposte che sono dovute in ogni Paese in cui opera. Le imposte sulle società sono basate sugli utili, non sui ricavi, e i nostri utili sono rimasti bassi a seguito degli ingenti investimenti e del fatto che il business retail è altamente competitivo e offre margini bassi. Amazon ha inoltre investito in Italia più di 800 milioni di euro dal 2010 e attualmente ha una forza lavoro a tempo indeterminato su questo mercato di oltre 2.000 dipendenti”.
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