«Oggi il punto vendita è un luogo di massima esplorazione. Il consumatore deve provare, vedere e sentire, con la logica di essere partecipe in prima persona. Ai tempi dei nostri nonni la vendita al dettaglio era focalizzata sulla comunicazione di maggiori informazioni da parte del personale del negozio per l’acquisto di un prodotto. Oggi il consumatore, aiutato soprattutto dal mondo informatico, riesce ad avere in tempi brevissimi qualsiasi informazione. La dimensione relazionale ha quindi un impatto fondamentale sul processo d’acquisto» a dirlo è Diego Canali, allenatore di business, scrittore e speaker motivazionale, nonché ideatore del Metodo Business Vincente, in Training on the Job. Babyworld lo ha incontrato per capire con lui cosa un retailer della Prima infanzia dovrebbe fare per rafforzare il proprio ruolo.
Qual è il primo consiglio che darebbe oggi a un retailer della Prima Infanzia?
In Italia la stragrande maggioranza dei marchi del mondo Prima infanzia si contendono una fetta di consumatori che va sempre più diminuendo, per il calo costante delle nascite. Alla contrazione dei potenziali clienti si somma il fatto che la maggior parte degli stessi è molto attenta al prezzo e si proietta in negozi all’interno di centri commerciali, considerando anche che il mercato dei Baby Product è uno dei settori più competitivi nella grande distribuzione organizzata. Due sono i consigli che quindi posso dare a un retailer della Prima Infanzia: migliorare il negozio e migliorare le relazioni, facendolo prima che si contraggano. Nella mia esperienza vedo troppi negozi nei quali la merce risulta confusa e non ordinata per categoria, non vi è facilità di lettura dei prezzi, mancano disposizione, colori e strutture adeguate e soprattutto un’anima del negozio. La disposizione perfetta di un prodotto in un negozio può, invece, da sola far lievitare le vendite del 30%. Ma non solo, l’intero negozio deve essere studiato nella propria disposizione per far rimanere il cliente più tempo possibile e per aumentare le possibilità di acquisto. Un piccolo consiglio è quindi quello di creare una zona giochi per bambini così da garantire maggiore tranquillità ai genitori all’interno del punto vendita e spingerli a una permanenza più lunga e quindi ad acquistare di più. È inoltre importante creare un tracciato all’interno del negozio con ostacoli che rallentino il passo costituiti da prodotti a maggiore redditività. Un altro consiglio è di disporre i prodotti complementari vicini (ad esempio tutine e scarpette per neonati), in maniera tale da aumentare la permanenza del cliente nelle diverse aree. Passando al secondo consiglio, la necessità di costruire relazioni ancora prima che si contraggano nasce dal fatto che il mondo retail ha conosciuto negli ultimi anni una forte contrazione nelle relazioni personali. Prima la scarsa informazione del cliente esprimeva un elemento fondamentale nella vendita del prodotto: la passione. Il negozio di paese era un luogo d’incontro, dove s’instaurava la relazione con il cliente, la voglia di conoscersi era una priorità. Si tendeva a focalizzarsi sulla persona e non sul processo d’acquisto. Bisogna, in qualche modo, riportare in auge questa dimensione relazionale.
Lei è specializzato in allenamenti comportamentali per aiutare gli imprenditori nel proprio business e nella gestione del personale. Quali indicazioni può dare ai retailer in tale ambito?
Nel mondo retail la stragrande maggioranza degli imprenditori e del personale di negozio deve, a mio avviso, migliorare la propria selling attitude, sviluppando un giusto atteggiamento di vendita. La formazione da parte del responsabile di negozio nel mondo dell’infanzia nei confronti del personale è il più delle volte insufficiente, con obiettivi e azioni settimanali poco lineari. Il risultato sono operazioni di routine eseguite non in modo ottimale e di lucidità e conoscenza per il personale. Conoscenza di cosa? Dei numeri di controllo di gestione e commerciale del punto vendita; delle rotazioni dei beni per venduto settimanale e a margine; dei piani d’acquisto, che non vengono redatti “ad hoc” per il personale; dei fatturati di negozio con conseguenti costi aggiuntivi; del CRM (Customer Relationship Management) per fidelizzare la propria clientela e l’archiviazione di ogni cliente per pianificare opportune campagne di marketing (il più dei negozi non ha un database con l’elenco dei propri clienti, della loro spesa media annua, etc), delle tecniche di ordine e riordino delle merci, spesso messe in atto casualmente, con acquisti di quantità eccessive rispetto alla vendita o rottura di stock delle merci.
«I tuoi clienti non comprano il tuo prodotto o servizio, ma la tua identità e la fiducia che trasmetti». Cosa vuol dire per lei questo costrutto?
Partiamo dal presupposto che nessuno compra un prodotto o servizio se non si fida del negoziante e non si identifica con i valori e credenze nell’identità del negozio. Esiste una differenza sostanziale tra il guadagnarsi la fiducia dei clienti e il costruirla. Se il primo concetto implica che si sta proponendo qualcosa per cui si merita l’attenzione dei clienti, il secondo invece ha a che fare con un contributo attivo da parte dell’azienda. Non c’è una supremazia di un concetto sull’altro, bisogna curare entrambi gli aspetti. Nel primo caso puntando a produrre prodotti o servizi di alto livello, che vadano incontro alle esigenze del cliente e siano capaci di rinnovarsi costantemente. Nel secondo caso invece la chiave è la comunicazione, il costruire sottintende una pratica attiva in cui ci sia un dialogo costante tra azienda e cliente. Per conquistare la fiducia devi dimostrare la tua affidabilità nel tempo. Devi essere un punto di riferimento costante.
© RIPRODUZIONE RISERVATAIn caso di citazione si prega di citare e linkare toystore.biz