Dimentichiamoci i negozi che puntano tutto sul mostrare al cliente quanto sia ampio e variegato il proprio assortimento, la massima che oggi si cela dietro un concept store di successo è “less is more”. A dirlo è Davide Cumini, architetto e fondatore di iarchitects, studio di interior design con sedi a Milano, Udine e Parigi. Babyworld l’ha incontrato per cercare di capire con lui come sarà il negozio del futuro.
Da cosa si parte, o meglio si dovrebbe partire, quando si decide il concept di un punto vendita? Si parte dalla necessità di portare all’interno di uno spazio un brand. Ogni insegna, e la Prima infanzia non fa certo eccezione, deve, innanzitutto, puntare sul rendere riconoscibile il proprio brand, per fare in modo che appena varcata la soglia del punto vendita si riconoscano, attraverso gli spazi, i propri valori, il messaggio che si vuole trasmettere al cliente. In tal senso, l’architettura si può considerare una forma, potentissima, di comunicazione.
Cosa vuol dire oggi essere un brand? Vuol dire esprimere, attraverso elementi iconici e caratterizzanti, una propria identità. Tutto può concorrere a ciò: dalla disposizione degli elementi, d’arredo e non, alla scelta dei colori, fino alla disposizione delle luci, ai suoni trasmessi e perché no agli odori che impregnano l’ambiente. Sono tutti elementi che, agendo a livello del sub-conscio, possono facilitare, o rendere più difficile, la vendita.
Qual è l’errore che più di frequente fa un retail nel progettare e gestire il proprio spazio di vendita? È la confusione, la mancanza di accenti capaci di mettere in risalto i prodotti principali. Bisogna evitare quello che io definisco “effetto fiera”, ovvero sottoporre il visitatore a una molteplicità di input, impedendogli di focalizzarsi sul singolo dettaglio. Come detto, la massima da tenere sempre in considerazione è “less is more”, che vuol dire che è preferibile mettere in risalto solo una selezione della propria offerta, piuttosto che offrire agli occhi del cliente un assortimento troppo ampio e, quindi, confusionario.
Come un retailer può, quindi, creare accenti all’interno del proprio store? Le possibilità sono tante. Le più interessanti sono quelle legate alla luce. Se utilizzata nella maniera corretta, magari facendo seguito a uno studio di illuminotecnica ad opera di un professionista, la luce è capace di creare forme, di conferire all’insieme la dinamica di uno spazio. Uno degli errori più comuni che riscontro all’interno degli spazi di vendita è proprio il posizionamento errato dei punti luce, oppure la scelta di effetti luminosi non adeguati. Un’altra possibilità, molto interessante anche per la Prima Infanzia è l’utilizzo dei suoni. Melodie dolci e rilassanti possono, infatti, contribuire a rendere accogliente e rasserenante uno spazio dedicato a futuri genitori o famiglie con bambini piccoli. Luce e suoni possono anche essere funzionali a creare percorsi differenziati all’interno del punto vendita.
Quali le ultime tendenze che un retailer della Prima Infanzia può cavalcare per rendere il proprio store meglio fruibile dai clienti? Sicuramente l’eliminazione del banco cassa. Non sono più i tempi nei quali i negozianti aspettavamo i clienti dietro il loro bancone. Oggi, nell’ottica anche di un approccio sempre più consulenziale alla vendita, i retailer possono, anche grazie agli ultimi ritrovati tecnologici, eliminare il banco cassa, vera e propria barriera tra il negoziante e i clienti.
In che modo gestire quella che per definizione è considerata il biglietto da visita di un punto vendita, ovvero la vetrina? I retailer possono seguire due diverse strategie: quella della spettacolarizzazione e quella della trasparenza. La prima trasforma la vetrina in un palcoscenico caratterizzato da un fortissimo storytelling capace di affascinare e sorprendere chi la guarda; la seconda, più moderna, lascia spazio alla visibilità del punto vendita, che diventa vetrina di se stesso. Entrambe le strategie possono risultare efficaci, ma è sempre necessario indirizzarsi verso una, e solo una, tipologia ben precisa.
Quali sono le resistenze maggiori dei retailer? La resistenza maggiore è sempre quella al cambiamento. Oggi, e le grandi catene ce lo dimostrano, un punto vendita andrebbe ri-progettato ogni 4 o 5 anni per, pur mantenendo la riconoscibilità, garantire sempre l’effetto wow. Il consumatore oggi vuole essere sorpreso, e l’architettura può essere uno strumento molto utile. Per rinfrescare un punto vendita, non servono necessariamente investimenti considerevoli, già il dare i giusti accenti all’assortimento può dare i risultati sperati.
Concludendo, come vede il negozio del futuro? Il negozio deve essere vetrina di se stesso, rappresentare come in una scenografia il meglio del proprio assortimento.
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