In negozio il venditore vale più del prodotto

La vendita non è un ripiego, ma una vera e propria arte che si può apprendere anche mutuando concetti tipici del mondo sportivo come strategia, tattica, motivazione e spirito di squadra. E questo perché nello sport come nel retail si vince anche e soprattutto creando un gruppo coeso e capace di ottenere risultati che vanno ben al di là della semplice somma delle abilità di ciascun componente. Ne è convinta Patrizia Saolini, che proprio ispirandosi allo sport ha messo a punto il metodo del Retail Coaching, che mira a valorizzare la figura del direttore di negozio e del venditore come se fossero parte di un team sportivo. Il primo deve acquisire le competenze per selezionare e creare una squadra vincente, il secondo deve evolvere fino a diventare un alleato strategico per la sua azienda e, contemporaneamente, un consulente d’immagine per il cliente.

Partirei proprio da come deve cambiare la figura del venditore con l’avvento dell’omnicanalità

Il presupposto è che a essere veramente cambiato è il cliente che, fermo restando le differenze tra le diverse generazioni, vive immerso in un mondo digitale. Questo vale anche per il venditore che non ha difficoltà a entrare in un concetto di multicanalità quando l’azienda lo mette in condizione di eseguire le strategie elaborate dai vertici e condivise dai vari livelli aziendali. Per arrivare a questo risultato spesso occorrono interventi di coaching che coinvolgono anche figure di alto livello come il presidente, l’ad o il direttore retail e in genere servono a migliorare la comunicazione tra le diverse aree in modo da favorire la trasformazione. La gestione delle risorse è una prerogativa del Direttore Retail o del Direttore del Punto Vendita. Ne consegue che una delle finalità del coaching può essere allenarlo a diventare a sua volta un coach in modo che sappia riportare ciò che ha appreso di nuovo alla propria forza vendita. Il venditore, infatti, ha bisogno di una leadership. Il solista, per quanto bravo, crea delle tensioni e una competitività all’interno della squadra che sono in contraddizione con l’obiettivo comune: accogliere il cliente e accompagnarlo all’interno di un’esperienza e non più all’interno di un negozio. Grazie allo showrooming e al webrooming le persone arrivano in negozio con delle aspettative ben precise. Non solo sono più competenti dell’addetto alla vendita, ma hanno anche ben chiaro in mente se conviene loro comprare nel punto vendita o on line. Il cliente arriva in negozio sapendo che non farà l’affare, e quindi il prezzo, ma pretendendo di trovare il prodotto e di avere una relazione con un professionista in grado di accompagnarlo nell’acquisto e di fargli provare il prodotto. Quando il venditore riesce a far vivere al cliente questa esperienza ha più chance per fidelizzarlo. (Invece che lo fidelizza). Per riuscire in questo, però, deve avere un’indicazione chiara sulla propria autonomia all’interno del team e su come la squadra si muove per soddisfare una selling ceremony, per usare la definizione americana, sempre più complicata.

Significa che investire sulla formazione è almeno tanto importante quanto lavorare sul prodotto?

Oggi il prodotto, che sempre è stato al primo posto, è affiancato se non addirittura preceduto in termini di importanza dal personale,che è il vero elemento differenziante. Eccezion fatta per gli articoli sulla cresta dell’onda, che non hanno bisogno di alcun intervento per essere venduti, l’addetto alla vendita ha un ruolo fondamentale nel portare all’attenzione del cliente il prodotto che per il prezzo o per le sue caratteristiche meglio corrisponde alle sue esigenze.

Vale anche per il giocattolo?

Per definizione il bambino è il cliente più difficile, sa cosa vuole e pretende solo quello. Presenta, però, delle peculiarità che vanno valutate e sfruttate. Quando sa che sa che ci sono dei limiti di stock o prevede che ci potrebbero essere momenti di forte vendita un venditore può giocare d’anticipo, proponendo di ordinare in anticipo lasciando un acconto, dando la disponibilità a tenere l’articolo da parte ecc,. Occorre però che sia formato e, soprattutto, che sia coinvolto nella strategia di marketing digitale dell’azienda. Deve, ad esempio, conoscere le promozioni sull’on line e avere una chiara idea della sua autonomia nel fare sconti in negozio. Se ci si pensa il vero cambiamento è il real time, che per definizione è una prerogativa dell’on line. Il cliente è abituato ad avere ciò che desidera immediatamente e, quindi, considera obsoleto entrare in un posto dove non può averlo. Real time significa anche che, quando rileva dei comportamenti errati, il direttore retail o il responsabile di negozio deve intervenire in tempo rele in modo da correggerli. Per farlo deve avere le capacità di un coach di rilasciare il feedback di miglioramento in maniera costruttiva.

Spesso in un negozio di giocattolo il responsabile è il proprietario. Pensa sia una complicazione?

In questo caso un suo intervento viene percepito dal personale di vendita come un controllo maggiore. Proprio per evitare questo, in molti casi si sceglie di inserire una persona che faccia da filtro. Questo si verifica soprattutto in coincidenza con un ricambio generazionale. Raramente il proprietario controlla tutta la relazione con il cliente. Questo discorso vale soprattutto per le realtà di provincia per le quali rappresenta un plus valore, perché il proprietario dà fiducia al cliente e questo è determinante visto che la relazione di fiducia è esattamente ciò che il venditore dovrebbe saper ricreare con il cliente.

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