Per semplicità possiamo definire il visual merchandising come l’insieme di quelle attività sviluppate dai rivenditori e dai produttori e messe in atto in un punto vendita per facilitare o influenzare il comportamento dei consumatori verso l’acquisto di prodotti, al fine di aumentare il fatturato e redditività dello stesso punto vendita. «Possiamo dividere la disciplina del visual merchandising in due categorie», spiega Antonio Provenzano, Chief Executive Officer Pasolini, «una strategica o di presentazione e una funzionale o di gestione. Nella prima categoria il visual merchandising si pone tre obiettivi, trasmettere l’immagine di ciò che è e ciò che vuole vendere il brand, generare un buon flusso di traffico clienti e aumentare gli acquisti multipli e non programmati. I fattori che in questo primo caso influenzeranno il visual merchandising strategico sono: il design del punto vendita, il packaging del prodotto, la space-allocation su cui si andrà a sviluppare la divisione merceologica. Nel secondo caso invece, il merchandising di funzione sostiene le sue decisioni verificando quattro aree chiave, analisi di mercato, politica commerciale, gestione dell’assortimento e visual communication interna ed esterna al pdv. Le quattro aree chiave a loro volta sono suddivise in funzioni molto specifiche ed attività volte a raggiungere l’obiettivo di soddisfare i clienti e ottenere una massima resa dal prodotto».
Le carte vincenti
Una corretta gestione del visual merchandising è quella che consente di rispondere alle domande strategiche legate ai prodotti da vendere, ovvero: Che cosa? Quali prodotti presentare e come raggrupparli in modo strategico. Come? Progettazione della superficie di vendita e modalità di presentazione dei prodotti. Dove? La gestione strategica della superficie di vendita consente l’individuazione del prodotto. Quando? Occorre considerare la dimensione temporale, e stabilire la durata di un layout espositivo o di un display in base alla stagionalità o alla promozionalità dei prodotti presentati, per garantire una dinamicità di variazione dell’immagine del punto vendita mantenendo viva l’attenzione del consumatore. «Il profilo del visual merchandiser», prosegue Provenzano, «di colui, cioè, che è chiamato a occuparsi di visual merchandising, è eterogeneo e conta svariate competenze nell’ambito della comunicazione, dell’economia aziendale, del marketing e non solo ma anche di architettura, psicologia, sociologia, semiotica e disegno. Certamente deve essere dotato di una predisposizione naturale al “gusto artistico” unito ad una buona cultura di base, che a loro volta non possono essere sufficienti senza una profonda e curiosa attenzione e sensibilità ai mutamenti sociali e ai trend. È indispensabile un costante aggiornamento nelle competenze, ma soprattutto è importante viaggiare molto: il visual merchandiser vive osservando, meravigliandosi, incuriosendosi, confrontandosi, immergendosi e perdendosi negli store, nelle soluzioni, nelle vetrine, negli spazi del mondo».
Uno sguardo al futuro
Il mercato cambia così come cambiano i consumatori, è quindi necessario che il punto vendita sappia adattarsi all’evoluzione della domanda. «Nel prossimo futuro», sottolinea Provenzano, «i retailer si spingeranno sempre più verso prodotti ad alto valore aggiunto, alto margine e con uno stock limitato per evitare giacenze. Il tutto per essere sempre più vicini ad un tipo specifico di clientela che sia più propensa ad acquisti d’impulso che programmati e quindi la gestione espositiva da adottare dovrà essere ad alta attrazione impulsiva. Si deve però tener conto anche dei prodotti complementari che consentono la differenziazione vera e propria tra i vari competitor. Dobbiamo considerare quindi il visual merchandising come una disciplina ad ampio spettro votata a istituire un rapporto diretto prodotto-cliente-punto vendita. Gli aspetti che caratterizzano l’esperienza di shopping e lo spazio di vendita in epoca postmoderna, sono molteplici e raggiungono un livello sempre più elevato di complessità per gli operatori di comunicazione e marketing». Del resto oggi il consumatore non si accontenta più dell’acquisto di prodotti di qualità, ma esige di vivere nel punto vendita una vera e propria esperienza. Per questo motivo i beni sono sempre più spettacolarizzati, presentano un elevato grado di coinvolgimento e permettono al consumatore stesso di essere un vero protagonista. E di conseguenza lo shopping cambia entrando a far parte della sfera dell’esperienza ludica e dell’intrattenimento. «Il momento dell’acquisto non è più guidato solo dalla mera soddisfazione di bisogni, ma anche da motivazioni edonistiche ed emozionali. Sono proprio queste che apportano maggiore valore al piacere e al divertimento legato alla visita di un punto vendita, unico luogo in cui quest’esperienza può prendere vita». Il visual merchandising può caricare, quindi, il prodotto di emozioni, grazie a un’immagine suadente, attraente e studiata nei minimi particolari; ecco perché il visual merchandising deve essere considerata una disciplina essenziale per ogni esercizio commerciale.
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