Off line l’appeal nasce dalla Product Experience

A fronte dei profondi cambiamenti nei comportamenti di acquisto, come è cambiata la funzione dello spazio di vendita?

«Oggi principalmente è quella di far toccare il prodotto. In un mondo in cui la funzione dell’acquisto può essere svolta ovunque e in qualsiasi momento, lo spazio fisico svolge ancora, e più di prima, la funzione primaria di mettere l’utente in contatto diretto con il prodotto».

Perché anche un negozio multimarca dovrebbe impegnarsi nella progettazione della shopping experience?

N«el momento in cui si è coniato il termine di shopping experience, si immaginava di coniugare all’interno dello spazio retail tutte le funzioni, dalla fisicità del prodotto, all’immersione nei valori del brand, all’acquisto vero e proprio. Oggi, in particolare per alcune tipologie di beni, l’acquisto avviene attraverso molti canali diversi e la tendenza è che questi canali cresceranno ancora. I valori del brand si comunicano certo attraverso lo spazio fisico, ma anche attraverso i canali social, la comunicazione, i progetti di collaborazione tra brand, artisti e aziende molto diverse tra loro, e in molti altri modi non fisici. Oggi dunque forse il termine più giusto per uno spazio retail è quello di product experience. In particolare per un negozio di giocattoli, mettere in contatto i bambini (o i grandi) con il prodotto e farli interagire (giocare) rimane il punto central».

Quali sono gli obiettivi che deve prefiggersi questo negozio?

«Al consumatore serve ancora ciò di cui aveva bisogno molti anni or sono: una guida nel mondo del prodotto. Il negozio dovrebbe avere una ampia selezione di prodotti, e il personale dovrebbe essere preparato sul prodotto che propone. Dovrebbe conoscerlo in dettaglio e poterne mettere in luce valori e proprietà. La fidelizzazione si fa ancora come si faceva una volta. Con la pazienza di seguire e guidare il consumatore nelle sue scelte. Con la fidelizzazione cresce anche il valore dell’insegna. Più che mai oggi la comunicazione è veloce, e il racconto dell’esperienza di acquisto (o le recensioni, se vogliamo usare un termine diverso) modifica il valore di un brand.

Il traffico in store è utile, ma la sua efficacia dipende dal posizionamento del prodotto. In generale, il consumatore va alla ricerca di quello che desidera. Molti punti vendita, sebbene scomodi, diventano una destinazione nel momento in cui propongono un prodotto che altri non hanno».

Quali sono le variabili da cui partire quando si progetta la shopping experience?

«La shopping experience, o product experience, va progettata sulla base di quello che desidera il consumatore per una specifica categoria di prodotto. Esclusività o spazi sociali e aperti. Condivisione o intimità. Il prodotto e il suo consumatore parlano una lingua propria che va rispettata, e sulla base della quale va progettato lo spazio e il suo utilizzo. Nel caso dei giocattoli, la product esperience si basa su spazi di gioco comune, oggetti animati, spettacoli in store, incontro con personaggi significativi. L’interazione tra il consumatore e il prodotto è la chiave».

Quali gli errori da evitare?

«Non va dato per scontato il comportamento del consumatore. Il fatto che oggi il punto vendita funzioni, non significa che lo farà anche domani. Nuovi competitor nascono ogni giorno, con nuove idee e nuovi approcci. Il momento per cambiare tutto e provare nuovi approcci è quello in cui tutto funziona. Restare innovativi è fondamentale per la crescita».

In generale, come si misura l’efficacia e la qualità della shopping experience offerta?

«All’interno di questo palcoscenico, lo spettacolo dell’interazione va rinnovato di frequente e secondo un calendario programmato che consente una adeguata programmazione finanziaria. Si può verificare l’efficacia di un programma di product experience misurando la partecipazione dei consumatori. E questo significa tener conto non solo delle variazioni nel traffico in store, ma anche dell’andamento delle vendite in concomitanza con gli eventi, le presentazioni, o le altre attività».

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