Sgominata una rete di vendita di prodotti contraffatti

La Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Forlì, dopo una serie di controlli ha individuato una rete di importazione e commercializzazione di oltre un milione di prodotti non conformi o con false etichettature, con marcatura CE contraffatta, meglio noto come “China Export”. I prodotti sequestrati sono per lo più giocattoli, materiale elettrico e accessori vari e sono risultati tra gli articoli pericolosi inseriti nel sistema di allarme europeo denominato “RAPEX” nel quale confluiscono tutti i prodotti ritenuti pericolosi a seguito di verifiche ed analisi tecniche. La contraffazione del marchio CE si evidenzia nella nota stampa della Gdf/Siac “comporta un rischio per la salute e la sicurezza del consumatore, in quanto si trova a comprare ed utilizzare prodotti non testati o di scarsa qualità, non conformi alla normativa nazionale e dell’Unione Europea: i prodotti potrebbero essere potenzialmente pericolosi o composti da materiale tossico che, se ingerito o maneggiato potrebbe compromettere di conseguenza la sicurezza del consumatore finale che, trattandosi in larga parte di giocatoli, è costituito nella maggior parte dei casi da bambini”. ”I prodotti sequestrati, importati direttamente dalla Cina, per buona parte venivano rivenduti in Italia da società spagnole e tedesche – sottolinea la Gdf – sfruttando la libera circolazione delle merci per eludere i controlli doganali nazionali, ed erano sprovviste della prevista documentazione tecnica, con evidenti rischi per la sicurezza degli ignari”. L’operazione di sequestro da parte della Gdf si è conclusa con “la denuncia penale di sei soggetti per i reati di contraffazione marchi, vendita di prodotti con segni mendaci e ricettazione. Ulteriori sette soggetti sono stati segnalati alle competenti Camere di Commercio, per violazione della normativa nazionale del Codice di consumo, poiché colti nell’atto di vendere prodotti privi delle avvertenze, dell’origine e paese di produzione/importazione o con etichetta completamente in lingua straniera, nella maggioranza delle volte cinese. Nei loro confronti pertanto sono state irrogate sanzioni amministrative fino a circa 400 mila euro”.

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