Costi e volumi dei trasporti marittimi, che avevano già cominciato a scendere verso la fine del 2021, hanno accelerato la caduta per via della guerra in Ucraina: il Drewry ha perso 2.000 punti in cinque settimane, ma a scendere di più (-73%) sono le quotazioni del Pacifico da Shanghai verso la West Coast Usa. I ribassi però sono generalizzati: il Baltic Dry è sceso da 5.500 a 1.700, mentre il Drewry World Container Index, che aveva raggiunto il record storico il 10 settembre 2021 con 11.109 punti, oggi è sotto i 4.100 (peraltro più dei 1.500 del pre-pandemia) con un calo del 61%.
“Variazioni così brusche dei prezzi del trasporto non aiutano governi e aziende a programmare le loro azioni, perché l’incertezza è la peggior consigliera in momenti già così difficili“, spiega Andrea Boitani, economista della Cattolica, a Repubblica A&F. Il brusco calo dello shipping “ha portato alla luce carenze strutturali, come il concentrare tanta offerta mondiale su un singolo punto, il porto di Shanghai, ed è un indicatore rilevante della febbre dell’economia mondiale che resta alta”, continua Silvia Merler, responsabile del Policy Research di Algebris. L’attività marittima imperniata sulla Cina e in particolare sul porto di Shanghai “rivela altri risvolti cruciali che spiegano le dinamiche geo-economiche del momento“, spiega ancora Brunello Rosa, docente alla London School of Economics. “Fenomeni temporanei e permanenti si intersecano. Le strozzature dell’offerta che hanno determinato gli ingorghi dell’anno scorso e i rialzi dei noli erano dovute alla furibonda domanda proveniente da Occidente che ha colto impreparata l’economia cinese, ancora limitata dai lockdown. Ora però non c’è solo la diminuzione della domanda. Intervengono scelte precise: in Occidente c’è la tendenza al “friendshoring”, cioè a riportare in patria le produzioni a costo di incorrere nell’inflazione perché un chip fatto in California costa più di uno fabbricato a Shenzhen. E in Cina si è cominciato a distinguere fra Paesi “amici” e no, e quindi a trattare in modo diversificato i clienti. Insomma, se oggi le navi non partono è anche perché non si vuole farle partire“.
Fonte: Articolo di Eugenio Occorsio per Repubblica A&F (cliccate sul link per leggere l’articolo completo)
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